Genitori: come gestire i conflitti con i figli

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bambini che baciano la mamma

Arrabbiarsi per un genitore è normale, soprattutto quando i figli disubbidiscono. I genitori perfetti non esistono, bisogna farsene una ragione.

Ecco un vademecum per imparare a gestire le nostre reazioni e dargli un senso.

mamma bacia il figlio

Descrivere l’amore di un genitore per un figlio è complesso. Ha radici profonde portando l’adulto a desiderare a fare il proprio meglio anche quando i figli fanno arrabbiare.

E allora, cosa accade quando i figli mandando in tilt i genitori? Quando la pazienza finisce e la rabbia sta per arrivare, cosa fare?

Cercherò di dare una risposta a queste domande partendo dal fatto che per imparare e gestire quest’emozione bisogna prima di tutto capire da dove nasce e cosa fare per controllarla.

La prima domande che dobbiamo farsi, quindi, è: da dove nasce la rabbia? Nasce da una reazione emotiva nata da sentimenti, stati d’animo e paure.

I motivi della sfuriata sono diversi da genitore a genitore. Le reazioni sono diverse: qualcuno s’innervosisce per un “no” di troppo, altri per un brutto voto, altri ancora quando il piccolo fa i “capricci”.

È normale arrabbiarsi per ogni genitore: qualcuno urlerà, altri metteranno il figlio in castigo, altri ancora reagiranno con comportamenti più passivi.

Tranquilli! Le divergenze di opinione e i conflitti con i figli, non solo sono naturali, ma sono utili per la crescita di entrambi. È fondamentale per ogni genitore saperli gestire al meglio.

Cosa significa?

Significa saper gestire la nostra parte stressata e non seguire l’istinto. È importante prendersi del tempo e dare il meglio di sé come genitore nel momento in cui nostro figlio ci sfida. È necessario capire che, in quel momento, lui ha assoluto bisogno di mettere in atto quel comportamento, anche se, a noi fa perdere il lume della ragione.

Due premesse:

  1. Nostro figlio non è cattivo, non è pestifero e non è capriccioso. Nostro figlio fa quello che fa perché sta mettendo alla prova reazioni, sentimenti e dinamiche. Sta crescendo e sperimentando. A volte sembra ci stia sfidando. In realtà siamo i suoi maggiori alleati, non suoi avversari.
  2. Reazioni troppo violente non portano mai alla risoluzione del conflitto, anche se nell’immediato ci danno la sensazione di avere risolto, nel tempo i risultati non sono duraturi. Il conflitto si ripresenterà, anche in maniera più forte, e non perché nostro figlio è ‘cattivo’, ma perché la nostra reazione non è stata efficace dal punto di vista emotivo. Non ha fornito una risposta adeguata.

I due punti di vista: genitore e bambino

Sappiamo che ogni evento può essere osservato da diversi punti di vista. Ampliare la nostra visione ci permetterà di avere un approccio differente, meno autoreferenziale.

Mettersi nei panni del bambino significa cambiare totalmente ruolo. Significa entrare in una dimensione e in una visione del mondo, completamente, differente. Bisogna mettersi in ginocchio per vedere il mondo da laggiù. Sembra strano, ma a volte i bambini “urlano” per far arrivare i loro pensieri e le loro emozioni fino alle nostre “alte” orecchie.

Il punto di vista del genitore

Cerchiamo di comprendere cosa cifa perdere il controllo.

I motivi della nostra rabbia, parlano di noi, della nostra mappa mentale. Chi ci “provoca” ha un ruolo marginale.

Comprendere le nostre emozioni, le ragioni di quel sentimento forte, è un modo per immergersi in noi stessi e arrivare alla radice del nostro cuore, dei nostri valori. Ci arrabbiamo perché sentiamo che i nostri principi sono stati calpestati e il nostro istinto ci porta a reagire per difenderci.

Nostro figlio, come ho spiegato prima, non vuole disprezzare i nostri principi. Lui ci ama e pretende da noi risposte alle sue paure e ai suoi disagi che raramente riesce a spiegare a parole.

Quando mi arrabbio?

Probabilmente mi arrabbio quando viene messa in dubbio la mia autorità, oppure quando non è sufficiente quello che do a mio figlio facendomi sentire inadeguato, o ancora, quando piange e sembra inconsolabile e mi sento di non riuscire a comprenderlo, o quando mi sento schiacciato dal ruolo di genitore.

Per comprendere cosa scatta, dobbiamo porci domande di qualità:

  • Cosa succede in me?
  • Quando mi accade?
  • Dove?
  • Come mi sento nel profondo?

Queste domande bisogna porsele quando si è lucidi e calmi. Non posso farle nel momento in cui sono nel pieno della mia emozione negativa.

Il dove è importante perché l’ambiente e le persone che lo abitano possono influire sulle mie emozioni e su quelle del bambino. Valutate se ci sono ambienti, particolarmente, “stressogeni” per la vostra relazione e cercate di indagare i fattori che vi infastidiscono.

Una volta che abbiamo risposto a queste domande ci sarà più chiaro comprendere cosa scatta in noi. Avremo mappato la nostra emozione, dandogli delle coordinate precise.

Se, ad esempio, perdiamo la calma nei posti molto affollati perché nostro figlio non ubbidisce immediatamente, oppure al parco quando è l’ora di andare e lui non vuole, oppure al supermercato quando vuole a tutti i costi le caramelle e noi iniziamo a sudare sette camice perché abbiamo nella testa mille cose da fare. In queste situazioni pensiamo di non farcela.

In questo caso ci servono tre passaggi:

  1. Respiriamo
  2. Non cediamo subito all’emozione che sta arrivando
  3. Cerchiamo di capire cosa realmente ci sta chiedendo nostro figlio, mettendoci nei suoi panni.

 Il punto di vista del bambino.

 Così come cerchiamo di mappare le nostre emozioni attraverso precise domande, così dovremo fare con quelle di nostro figlio. Ricorda, lui ha sempre un motivo per fare quello che fa, ma a volte il suo modo di esprimersi è completamente differente dal nostro.

Mantenere il controllo permette di guardare il bambino e cercare di comprenderlo. Per riuscire dovremo ‘abbassarci’ ed ascoltarlo. Ascoltare significa comprendere e rispondere adeguatamente.

Se la risposta del genitore non soddisfa la mente del bambino, la domanda verrà posta di nuovo, e come dicevo prima, il conflitto aumenterà.

Mantenere la calma ti permette di perdere meno tempo e insegnerete al bambino una modalità di comportamento che farà sua.

Come ho già detto, a volte sembra che nostro figlio ci stia sfidando.

In effetti, come accade per gli adulti, ogni bambino ha bisogno di superare delle sfide per crescere e per definire la propria personalità.

Le sfide aiutano i nostri figli a crescere solo se i genitori le sanno condurre senza entrare in gioco, ma osservando in maniera dissociata i movimenti del bambino. Non è possibile farlo se siamo in balia dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni.

 Ecco un breve esercizio per gestire la sfida:

Prendiamo carta e penna. Nel primo foglio, buttiamo giù tutte le situazioni che ci hanno fatto, e ci fanno, alterare. Scriviamole di getto, poi riordiniamole in base alla forza emotiva che hanno in noi.

Nella seconda pagina scriviamo, seguendo la conoscenza di nostro figlio, quello che di buono vorrebbe comunicarci. Il motivo per cui fa quello che fa, togliendo giudizi e cercando di capire la natura profonda del suo bisogno.

Nella terza pagina attuiamo una strategia, e infine nella quarta valutiamo i risultati, se hanno avuto un buon esito e se ci sono eventuali correzioni.

Ricapitoliamo:

  • Prima pagina: il punto di vista del genitore. Sono arrabbiata perché non c’è modo di fargli fare i compiti, li fa di fretta e in maniera disordinata, gliel’ho spiegato un milione di volte.
  • Seconda pagina: il punto di vista del figlio. Sono sfiduciato, non li faccio neanche, tanto il risultato sarà come al solito un pasticcio. No,no, no, non li faccio. Mamma dice che è un mio dovere ma proprio non capisco cosa significa. Che noia!
  • Terza pagina: soluzione reale. Qui date sfogo alla fantasia, cercate un approccio diverso, se il blocco è dato da bassa autostima date dei rinforzi, oppure cercate un modo carino per affrontare la materia che sta studiando.
  • Quarta pagina: le nostre strategie alternative. Diamoci un voto e premiamoci per l’impegno, vediamo cosa si può migliorare valutando sempre il dove, il come, il quando.

Sarà di sicuro un successo!

La pazienza si insegna.

La mente dei bambini è come una spugna ricordiamolo sempre. Se noi rispondiamo spazientiti, li sgridiamo, li giudichiamo registreranno tali comportamenti come giusti, “se lo fa mamma, lo faccio anch’io…”. L’esempio educa più di mille parole. I bambini riproporranno le stesse modalità con i fratelli, con gli amici, con gli insegnanti.

Un genitore in grado di gestire un conflitto senza arrabbiarsi, comprendendo, riconoscendo lo stato emotivo che vive, educherà un bambino in grado anch’esso di comprendere, di ascoltare, di entrare in empatia e sostenere l’altro nei momenti di necessità.

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