Qual è la tua casa emozionale?

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Qual è la tua casa emozionale?

Qual è la difficoltà principale nell’entrare in contatto con le nostre emozioni?

Spesso siamo focalizzati sugli obiettivi, sui risultati da portare a casa, e questo ci aiuta a creare una corazza, che possiamo chiamare distanza emotiva, sia con noi stessi che con le altre persone.

Ognuno di noi adotta a un certo punto la modalità pilota automatico, frutto delle esperienze passate e del modello educativo che ci hanno trasmesso in famiglia, nei confronti delle emozioni che più abitualmente ci fanno sentire a casa.

Ognuno di noi ha una casa emozionale, un rifugio sicuro, fatto di quelle emozioni che conosce e che tende a replicare, perché in qualche modo ci garantiscono un determinato vantaggio, ci garantiscono di agire e reagire nel modo in cui siamo abituati.

Il nostro cervello e la nostra mente è stata programmata non per renderci felici, ma per tenerci al sicuro e per dominare l’effetto della paura.

E se parliamo di paura, parliamo di tre meccanismi principali che la nostra mente adotta nei confronti della paura:

1.la rabbia, ovvero reagisco attaccando gli altri;

2. la fuga, ovvero me ne vado, scappo, evito, nego determinate situazioni

3. il blocco, ovvero rimango inerme, bloccando, però, anche la mia evoluzione.

ricordatevi che non è possibile difendersi e crescere allo stesso tempo.

se le nostre cellule sono impegnate a difendersi non potranno andare in costruzione, sia da un punto di vista biologico che da un punto di vista fisiologico.

Tornando alla nostra casa emozionale, ognuno di noi ha un sistema preferenziale attraverso il quale decide di mettersi in contatto con le proprie emozioni.

Quali sono le emozioni che più spesso vi trovate a provare?

Ogni emozione porta con sé un’energia che attiva un determinato stato d’animo.

Non confondere la grinta con la rabbia!Se mi accorgo di vivere ogni singola situazione con rabbia, posso fermarmi a riflettere e scoprire che in realtà quest’emozione porta con sé un’energia molto potente, e che, quindi, rischio di confondere la rabbia con la grinta, che, invece, mi serve per andarmi a prendere quello che desidero.

Attenzione! A quel punto non c’è più bisogno di arrabbiarsi, a quel punto ho la possibilità di poter sperimentare la grinta, la voglia di andarmi a prendere le cose, senza dover necessariamente produrre quel cortisolo e quell’adrenalina, che tanto mi fanno male, che tanto intaccano il mio sistema immunitario.

Magari mi rendo conto che la tristezza, altro esempio, mi mette nelle condizioni di abbassare l’intensità dell’energia e quindi di non fare, di chiudermi.

Quale potrebbe essere in questo caso il vantaggio che porta con sé la tristezza?

Sicuramente il fatto di riparare situazioni magari dolorose che posso aver sentito, ma dall’altra parte mi mette nelle condizioni di non fare, di non muovermi.

La frustrazione quale pseudo vantaggio può portare con sé?

Ad esempio il fatto di dire “non sono abbastanza capace”, “non sono abbastanza bravo”, “non sono abbastanza performante”, o il fatto di sentirsi comunque sempre giudicati dagli altri, può portare con sé il fatto di non esporsi, proprio perché sento la frustrazione del non essere abbastanza.

Il non-riuscire si porta dietro il vantaggio di rimanere fermo, di non misurare i miei talenti, il fatto di non far venir fuori il mio potenziale, perché magari mi spaventa o perché ho paura di deludere.

Ogni stato d’animo, ogni emozione, in realtà, mi porta in quella casa emozionale che costituisce la mia comfort zone, anche se mi fa stare profondamente male, la conosco!

La nostra mente preferisce la strada nota, la sicurezza, il controllo piuttosto che andare al di fuori di quello che conosco, perché questo potrebbe costituire un pericolo.

E se sono in pericolo può sorgere la paura, che a sua volta innesca le tre modalità si cui abbiamo parlato sopra: attacco, fuga o immobilismo.

La paura di non essere amati e la paura del giudizio altrui, influenzano la casa emozionale

Quali sono le emozioni che più di sovente ti trovi a sentire? Quali gli stati d’animo che più facilmente generi e che più facilmente rischi di provare?

Il senso di colpa, ad esempio, oppure il fatto di giudicare gli altri, perché ti fanno male?

Perché sono stati scorretti? La rabbia, la frustrazione, il disgusto?

Pensiamo al disgusto, mi dà lo pseudo-vantaggio di non mettermi in relazione con l’altro, di non creare interazione, se ci pensate ha tutto a che fare con la paura!

Noi esseri umani abbiamo due paure fondamentali che governano tutto quanto:

la profonda paura di non essere amati, per quello che siamo, ma per quello che facciamo

e la paura di non essere abbastanza, la paura del giudizio, la paura di essere scoperti ad un certo punto come non bravi, non degni.

Ed ecco che per scappare e non affrontare queste paure ci rifugiamo in emozioni che ci danno protezione. Ma a forza di proteggerci, rischiamo di non essere più in contatto con noi stessi, ma anche con gli altri.

Quindi qual è la tua casa emozionale?

Ora abbiamo trattato solo quelle emozioni che a volte classifichiamo come emozioni che ci fanno male, come emozioni non buone.

In realtà le emozioni sono semplicemente delle informazioni che arrivano per dirci che c’è un qualcosa di cui abbiamo bisogno di occuparci.

Non esistono emozioni buone o cattive, esistono informazioni che sfociano nel nostro corpo per dirci che dobbiamo prestare attenzione a qualcosa.

Quindi prendiamoci del tempo per analizzare i nostri stati d’animo e le nostre emozioni anche classificate da altri come non buone.

 

Ad esempio mi viene in mente chi è sempre sorridente e spiritoso, usano l’ironia come strumento per essere sempre al centro dell’attenzione. Oppure quelle persone che tendono ad usare il senso di colpa come leva per poter ricevere amore.

casa emozionale trappola dell'amore
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O ancora quelle persone che utilizzano il dolore emotivo, la sofferenza, per richiedere amore.

Tutti questi comportamenti emotivi sono ciò che abbiamo imparato fin da piccoli,

Ad esempio se sto male la mamma o il papà – o chi si è preso cura di noi –  arriva e mi presta attenzione. Crescendo mi porto dietro l’equazione fuorviante:

dolore = amore

Si crea un condizionamento mentale potentissimo, io provo amore ogni volta che sto male, io posso ricevere amore ogni volta che sto male.

Ed ecco che allora cadiamo in depressione. Ecco che tendiamo a richiedere attenzioni, innescando negli altri il senso di colpa, e facendo percepire agli altri che non ce l facciamo da soli. Tutto ciò ci porta ad abbassare sempre di più  la nostra autostima, in nome e in virtù di quell’amore che stiamo aspettando. Ecco questa diventa la nostra casa emozionale.

Ci possono essere tantissimi altri modi, più funzionali, per poter essere amati: non è necessario distruggersi la vita per avere in cambio l’amore, per poter essere visti, per poter essere amati!

In quale casa emozionale ti rifugi più spesso?

Quali comportamenti generano in te questi stati d’animo e queste emozioni? Qual è il palcoscenico che ti garantisci mettendo in atto quegli stati d’animo?

E soprattutto quali potrebbero essere le alternative che puoi generare, anziché provare quello stato d’animo, piuttosto che sentirti frustrata, che cosa potresti iniziare a fare per riuscire ad elevare quello che magari è il senso di te, la tua autostima, il tuo valore, invece di sentirti arrabbiato?

Che cosa potresti fare per sentire quell’energia necessaria per andarti a prendere quello che ti spetta, quello che ti meriti.

In quel altro modo puoi essere amato? In quale altro modo puoi essere visto?

 

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