Ti è mai capitato di tornare a casa dal lavoro con la sensazione di essere senza energia, di aver concluso poco e niente e di non aver ottenuto risultati? Hai mai avuto la sensazione di portare in famiglia il peso delle responsabilità del lavoro e trasmettere alle persone che ti circondano lo stress e malessere che vivi? Ti senti schiacciato da mille impegni di lavoro e familiare?
Si chiama Sindrome da Burnout, letteralmente significa “essere bruciati”, esauriti, svuotati da un sistema di relazioni poco funzionali che si manifestano nell’ambito lavorativo. I segnali? Diminuisce la produttività, si tende a considerare le persone come oggetti e la propria attività perde di significato.
Cosa significa burnout e chi ne può soffrire.
Il termine fu usato per la prima volta in campo sportivo intorno agli anni ’30 per quegli atleti che dopo aver conseguito risultati eccellenti non riuscivano più ad essere performanti. Non lo erano per problemi fisici, ma a causa di un atteggiamento mentale di sfiducia in sè.
Negli anni ’70 la psichiatra Christina Maslach fu la prima a parlare di sindrome da Burnout o esaurimento da lavoro. In genere si manifesta in tutte le professioni di aiuto come medici, infermieri o caregiver . Si caratterizza da una perdita della motivazione, della fiducia nel proprio operato generando un senso di inconcludenza e inadeguatezza nel proprio ruolo.
Nel tempo le professioni in cui si è parlato di Burnout si sono moltiplicate. Non riguarda più soltanto gli operatori sociali, sanitari ma si può ’esaurire da lavoro’ anche nell’ambito scolastico, in aziende in cui si lavora in team, nelle forze dell’ordine. In ogni professione a contatto con il pubblico e le donne sarebbero più soggette al pericolo di Burnout.
I campanelli d’allarme specifici:
- La propria professione non dà più soddisfazioni, ma solo senso di fallimento.
- Non si è più motivati, si ha la percezione che i colleghi si accaniscano contro di noi, il turno di lavoro viene visto come un’agonia, si ha la sensazione di non dare il meglio.
- Ci si sente svuotati, schiacciati dagli impegni, privi di energie e non si riesce a dormire.
Riuscire a cogliere sul nascere questi campanelli d’allarme può permetterci di agire subito, prevenendo un avanzamento cronico ed un peggioramento. L’insorgere di questi segnali se non compresi portano le persone ad avere problemi sul lavoro con comportamenti che vanno dall’assenteismo alla distrazione, al commettere errori fino ad arrivare ad essere aggressivi con chi solitamente si va d’accordo.
Per evitare un peggioramento bisogna agire su di noi con un lavoro mirato e capillare, ritrovando la nostra centralità le nostre risorse e la nostra grinta nel conseguire i risultati voluti.
In pratica come possiamo fare?
Ricominciando da noi. Agiamo sul nostro Stato, inteso come equilibrio fisico, psichico ed emotivo. Prendiamoci cura di noi sotto i tre aspetti fondamentali che sono Fisiologia, Linguaggio e Focus:
- Cura il tuo corpo
Per combattere lo stress da lavoro partiamo dalle basi:
- Alimentazione corretta: andare al lavoro troppo appesantiti oppure senza aver mangiato abbastanza aumenterà il nostro senso di malessere. Curiamo la colazione e concediamoci dei break energetici senza esagerare.
- Idratazione: a volte non si beve mai durante il turno lavorativo, prendersi una pausa di trenta secondi ogni 1-2 ore e bere un bicchiere d’acqua, elimina tossine.
- Allenamento: terminato il lavoro prendersi del tempo per se stessi. Una passeggiata, una corsa o un giro in bicicletta nella natura, o qualsiasi altra attività che mantenga il corpo vivo e attivo. Fare movimento è un toccasana per il corpo e la mente.
- Cura il tuo linguaggio
Come parli con te stesso? Che termini usi, che domande ti fai?
- Focalizzati sulla terminologia, sui significati nascosti che porta con sé. Se ti ripeti continuamente che sei un incapace, finirai per esserlo o per lo meno continuerai a comportarti come tale.
- Indaga le cause. Scrivi un elenco di tutti i tuoi successi, ricordati come li hai ottenuti e replica il tuo stato d’animo, i tuoi pensieri, le tue azioni di quel momento. Non abbatterti.
- Impara a parlarti con dolcezza come se tu fossi la persona più cara. Accogli la parte di te in difficoltà e accettala. Al tempo stesso devi essere autorevole con te. Quando non ottieni i risultati che ti aspettavi fatti delle domande di qualità come ad esempio:
- Che cosa posso fare per migliorare?
- Cosa vuole insegnarmi questa esperienza?
- Come posso far meglio la prossima volta?
- Che cosa posso fare di diverso?
- Cura il tuo Focus
Per focus s’intende il tuo punto di attenzione. Il punto d’arrivo che ti fa muovere. Domandati dove stai andando e, soprattutto, in cosa credi, quali sono i motivi profondi che ti hanno spinto verso questa professione e se li condividi, ancora oggi, come all’inizio.
Negli anni il focus può cambiare: cambiano le esigenze, gli interessi, gli obiettivi, le priorità. Accetta i cambiamenti e decidi se rimetterti in pista oppure volgere lo sguardo altrove.
L’importante è non dare mai nulla per scontato. Il tuo punto all’orizzonte dev’essere chiaro. Se sei “messo a fuoco”, la foto della tua vita sarà perfetta. Se le immagini, invece, non sono nitide e ti accorgi che da solo non riesci chiedi sostegno ai colleghi, alle persone di cui ti fidi. Trova chi può aiutarti a ritrovare la tua scintilla.
Le crisi personali ci mettono davanti alle nostre fragilità, ma allo stesso tempo aumentano la nostra sensibilità. Usiamola per essere più efficienti, per ”sentire” meglio gli altri, per avere quel quid in più.
La crisi cambia i nostri punti di vista. Se sappiamo giocarla a nostro favore è una risorsa e un incentivo a fare meglio. Accogliamo le nostre nuove consapevolezze, premiamoci anche quando i risultati non sono quelli che ci aspettavamo.
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